Le donne in gravidanza che hanno maggiore propensione a sviluppare la pre-eclampsia dovrebbero assumere aspirina a basso dosaggio per ridurre il rischio di sviluppare la patologia, così come il parto pre-termine e una diminuzione della crescita intrauterina. E’ quanto afferma una raccomandazione del Centro Statunitense per i Servizi di Prevenzione - US Preventive Services Task Force (USPSTF) e commentata in un articolo pubblicato su JAMA.
L’impiego dell’aspirinetta in gravidanza è utile quindi per la prevenzione dei problemi placentari
La placenta è un organo molto importante perché assicura il nutrimento del feto e quindi il suo benessere fin dalle primissime settimane di gravidanza. Qualunque suo malfunzionamento ha perciò delle ripercussioni sul bambino, con conseguenze che possono anche essere gravi. Tra i problemi placentari che si possono prevenire con la cardioaspirina ci sono la preeclampsia, il ritardo di crescita fetale, il distacco di placenta, la morte fetale intrauterina.
preeclampsia
La preeclampsia (o gestosi) è una complicanza che si presenta più spesso nel secondo e terzo trimestre di gravidanza. Colpisce dal 2 all’8% delle donne incinte in tutto il mondo e i sintomi sono vari: pressione alta, edema, improvviso e consistente aumento di peso, proteine nelle urine, mal di testa. In genere si verificano all’improvviso e devono essere immediatamente segnalati al ginecologo.
Le cause della preeclampsia non sono ancora del tutto conosciute. Ci sono però dei fattori di rischio che permettono così di fare prevenzione. Tra questi ricordiamo l’obesità, l’età materna avanzata, la familiarità per gestosi, la preeclampsia in precedenti gravidanze, la presenza di malattie pregresse (diabete, patologie renali, ipertensione arteriosa). In questi casi è molto importante segnalare tutto questo al ginecologo all’inizio della gestazione, così da intervenire in maniera precoce.
Cardioaspirina e preeclampsia: gli studi scientifici
La US Preventive Services Task Force, il Centro statunitense per i servizi di prevenzione, raccomanda l’assunzione di aspirina a basso dosaggio alle donne in gravidanza che sono più a rischio di sviluppare preeclampsia. Gli esperti americani sono giunti a questa conclusione sulla base di una grande revisione di 21 studi randomizzati e 2 osservazionali.
Il farmaco dovrebbe essere assunto dalla 12esima settimana di gravidanza fino alla 28esima settimana. A seconda del livello di rischio, in base a vari fattori considerati, il farmaco è associato ad una riduzione assoluta del rischio dal 2 al 5%, ad una diminuzione del parto pretermine dal 2 al 4% e ad una diminuzione della limitata crescita uterina dall’1 al 5%. Inoltre, la cardioaspirina non aumenta il rischio di distacco di placenta, emorragia post parto, emorragia fetale intracranica o mortalità perinatale.
Altre conferme arrivano dall’uso di aspirina in gravidanza. Una ricerca condotta al King’s College Hospital di Londra e pubblicata sul New England Journal of Medicine ha coinvolto 1.620 donne predisposte alla preeclampsia di 13 reparti maternità tra Regno Unito, Spagna, Italia, Belgio, Grecia e Israele. Le donne sono state divise in due gruppi: il primo è stato trattato con 150 mg di aspirina al giorno dall’11esima/14esima settimana di gravidanza fino alla 36esima, mentre il secondo ha ricevuto un placebo. Nel gruppo sottoposto alla terapia con aspirina, i casi di preeclampsia sono stati 13 (1,6%), mentre nel gruppo di controllo 35 (4,3%).
cosa è la cardioaspirina
L’acido acetilsalicilico appartiene al gruppo dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), il quale impedisce l’aggregazione piastrinica tramite il blocco della sintesi del trombassano A2 (molecola coinvolta nel processo di emostasi) nelle piastrine.
Il suo meccanismo di azione si basa sulla inibizione della ciclo-ossigenasi 1, conosciuta come COX-1. Tale inibizione comporta essenzialmente quattro effetti a livello sistemico:
Riduzione dell'infiammazione
Effetto antipiretico (se febbre)
Effetto analgesico
Effetto antiaggregante piastrinico
La cardioasprina, infatti, viene assunta per via orale in compresse gastroresistenti allo scopo di raggiungere le massime concentrazioni plasmatiche, ma senza raggiungere tassi ematici elevati, grazie al rilascio graduale del principio attivo.
Tale caratteristica permette all’acido acetilsalicico di essere metabolizzato solo in parte dagli enzimi intestinali ed epatici mantenendo le sue proprietà antitrombotiche rispetto a quelle analgesiche.
Comments