La transizione verso la menopausa è un momento di adattamento per la donna, perché il suo organismo va incontro a profondi cambiamenti. Infatti la progressiva riduzione dei livelli plasmatici di estrogeni (principalmente prodotti dall’ovaio) e di androgeni (sia dall’ovaio che dalla surrene) determina cambiamenti e adattamenti rilevanti nella maggior parte degli organi e dei sistemi femminili, primo fra tutti il sistema nervoso centrale.
La menopausa non rappresenta però il solo evento che stravolge l’organismo femminile, infatti questa si verifica in un momento della vita della donna in cui nel suo organismo è già in corso una profonda modificazione, causato dal fenomeno dell’aging.
Il processo di aging è un evento fisiologico, che nella specie umana si innesca a partire dai 20-30 anni per l’attivazione di un ipotetico pacemaker centrale ipotalamico oppure localizzato nelle aree superiori della corteccia cerebrale.
Se infatti nel giovane la capacità di adattamento è maggiore per la presenza di numerose “bio-strategie” difensive, nell’anziano la situazione è diversa, perché è minore la capacità di adattarsi, proprio per l’instaurarsi di un meccanismo di decadimento e perché vengono meno tutte queste riserve difensive. Successivamente si aggiunge il cambiamento del mondo endocrino, che si genera con la menopausa nella donna e con il deficit androgenico nell’uomo, il quale a sua volta facilita la progressione del processo di decadimento età correlato, aumentando appunto il rischio di “frailty syndrome” tipico dell’età avanzata.
Con la menopausa progressivamente si riduce non solo l’attività ovarica, ma anche la funzionalità tiroidea, ma ancor più importanti sono i cambiamenti a livello della funzione surrenalica (progressivo aumento del cortisolo, associato ad una riduzione dei livelli del DHEA e degli altri androgeni surrenalici) processo che ha avuto il suo esordio già molti anni prima, attorno ai trent’anni, per il meccanismo definito “aging”, che induce il progressivo calo degli androgeni, specie nella donna, determinando negli anni cambiamenti significativi. I principali effetti dell’ipoandrogenismo nella donna sono la compromissione della sfera sessuale, vale a dire la riduzione della motivazione, della fantasia, del divertimento e dell’eccitamento sessuale, ma anche della qualità di vita a causa delle alterazioni del tono dell’umore, dell’irritabilità e della riduzione delle energie.
Meno frequenti ma sempre legati all’ipoandrogenismo sono i sintomi vasomotori, l’insonnia, la depressione, la cefalea con la progressione dell’aging. Risulta inoltre alterata anche la funzionalità della porzione midollare della ghiandola surrenale, con una secrezione inadeguata di adrenalina e noradrenalina, il che determina inevitabilmente uno stato induttivo all’ipertensione.
Ad oggi la soluzione per molti dei disturbi legati al climaterio, in primis quelli vasomotori, è la terapia ormonale sostitutiva, la cui scelta deve essere adeguata e specifica per ogni paziente, sia per la posologia che per la modalità di somministrazione: per os, transdermica, vaginale, ma sempre personalizzata. Tutte le vie di somministrazione consentono di ricreare un milieu steroideo in grado di migliorare e sostenere le funzioni di tutti gli organi e i tessuti estrogeno-sensibili.
Tratto da : Bollettino Ginendo: minireview : L’uso del DHEA in menopausa
Alessia Prati, Susanna Santagni, Erika Rattighieri, Annalisa Campedelli, Federica Ricchieri, Elisa Chierchia, Giovanna Bosco, Giulia Despini, Andrea R. Genazzani, Alessandro D. Genazzani ( 2012)
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